Storia della Terapia Cognitivo-Comportamentale (TCC)
L'assunto fondamentale, postulato per la prima volta negli anni '60 da Aaron Beck e da Albert Ellis (Beck 1967, Ellis 1962), è che le rappresentazioni mentali del paziente (credenze, pensieri automatici, schemi) permettono, con un minimo d'inferenza, di spiegare il disagio psicologico e il suo perpetrarsi nel tempo. Le reazioni emotive disfunzionali e il disagio sono frutto di distorsioni contenutistiche e formali di tipo cognitivo: la patologia è frutto di pensieri, schemi e processi disfunzionali. La non modificazione di tali schemi, a dispetto di evidenze contrarie, è spiegato da errori procedurali e contenutistici che ne "prevengono" l'invalidazione e contribuiscono al mantenimento del disturbo.
Nella spiegazione dei disturbi emotivi, dunque, il ruolo giocato dagli eventi esterni non è di tipo causale, bensì personale, idiosincratico, ovvero basato sul sistema di convinzioni e sulle esperienze del singolo soggetto. Ciò che permette di spiegare le reazioni emotive e i comportamenti disfunzionali (e quindi i disturbi) è il modo di interpretare gli eventi sulla base dei contenuti e dei processi cognitivi dell'individuo.
In quest'ottica, la mente è descritta come un sistema di scopi e conoscenze con cui un individuo valuta la propria esperienza e regola le reazioni emotive, l'attività mentale e la condotta (Castelfranchi, Mancini e Miceli, 2002). I sintomi psicopatologici sono concettualizzati come l'espressione di attività finalizzate al raggiungimento di un obiettivo, insito nella mente del paziente.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale si sviluppa negli anni '60, come detto, con due terapeuti di formazione psicanalitica: Aaron Beck e Albert Ellis.
Contrariamente a quanto frequentemente si crede, ovvero che la terapia cognitiva sia un'evoluzione della terapia del comportamento, nasce, invece, con due clinici di formazione psicanalitica che, nello stesso periodo e indipendentemente, mettono a punto un metodo clinico che poi diventerà, su una definizione coniata da Beck, la terapia cognitiva.
Si tratta, dunque, di una terapia che nasce direttamente dalla clinica come metodo di cura, in particolare come cura della depressione e dei disturbi d'ansia.
L'incontro con il comportamentismo viene solo in un secondo momento e segue due vie: da un lato autori cognitivisti, a partire proprio dai fondatori Beck ed Ellis, recuperano del comportamentismo sia l'attenzione al metodo scientifico applicato alla clinica e agli esiti clinici sia il repertorio di tecniche tipico della terapia del comportamento; dall'altro autori di formazione comportamentale, come ad esempio Rachman o Meichenbaum, integrano il ruolo delle variabili cognitive nella cornice teorica comportamentale.
Benché ancora oggi la terapia cognitiva di Beck rivesta un ruolo dominate nell'Associazione Internazionale di Psicoterapia Cognitiva, attualmente, quando si parla di terapia cognitiva si fa riferimento ad un metodo terapeutico non omogeneo, all'interno del quale si distinguono decine di approcci diversi.
La situazione è ancora più complessa se si guarda alla letteratura internazionale e a tutti gli approcci che si definiscono terapia cognitiva o terapia cognitivo-comportamentale; anche la presenza e il rilievo dell'aggettivo comportamentale riflette in parte il peso dato a principi e procedure di diretta derivazione comportamentale.
Ciò che accomuna tutti gli approcci che si riconoscono nella definizione di terapia cognitiva è la comune enfasi sulle strutture di significato e sui processi di elaborazione dell'informazione e, dunque, il riconoscimento della variabile cognitiva come predominante nella spiegazione dei fenomeni clinici.
Inoltre, il metodo di trattamento prevede sempre, indipendentemente dalle differenze nelle procedure, la manipolazione della variabile cognitiva come strumento principe di cambiamento.
FONTE: https://www.apc.it/chi-siamo/la-psicoterapia-cognitiva/terapia-cognitivo-comportamentale/